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damiano & violette 's blog
18 mai 2009

ITA-01 Finalmente un post in italiano!

(le nouveau post de violette "Dans la jungle avec Rambo" ci dessous)

Abbiamo cominciato il nostro viaggio di nozze e il nostro soggiorno a Bali con tre giorni in un grande albergo lussuoso, piscina con bar « pieds dans l’eau », spiaggia privata e buffet a volontà, perche é un viaggio di nozze che diamine. Poi ci siamo lanciati nel casino di Kuta « bali on the cheap » e tra orde di australiani e svedesi tutti giovani, abbronzati, tonici, in canotta e short al ginocchio, con la tavola da surf sotto un braccio e nell’altro la guida gialla Lonely Planet « Southest Asia on a Shoestring ». Incrociando solo ogni tanto qualche coppia sperduta che sfoglia la « Guide du Routard » (francesi non c’é dubbio !) o la LonelyPlanet « Bali e Lombok » (italiani o spagnoli) probabilmente in cerca di qualcosa di diverso da spiaggie, surf e discoteche (sfoglia bello… sfoglia…). Che detta cosi sembra un inferno ma vi assicuro che si vive bene di solo sole, mare e surf. In piu come ti muovi di un paio di chilometri (col motorino ovviamente) ti ritrovi in delle spiaggie tranquillissime dove i dieci venditori ambulanti del posto (sarong, massaggi, gelati, bibite, souvenir, lezioni di surf…) sono solo per te, ma alla fine sono simpatici e non ti scocciano piu di tanto. Poi una volta raggiunto un punto di abbronzatura piu che soddifacente abbiamo caricato il motorino (Digressione per i tecnici sopresi di vedermi in sella a uno scooter di plastica senza marce: c’é stato un lungo dibattito con il tipo che mi ha affittato il mezzo, io gli ho chiesto « dammi qualcosa con le marce senno come le saliamo le colline di Bali a due e con i bagagli ? » lui mi ha risposto « guarda che qua ormai quasi tutti usano i motorini automatici, col variatore, e hai visto quello che ci trasportano su e giu per Bali: botti d’aqua, pile di un metro e mezzo di cartoni, gabbie di galine, legna etc… perché voi non dovreste farcela ? »  a quel punto anche pensando alla buonanima di Bettinelli che diceva che é il giro che fai che conta non il mezzo gli ho detto « ok vada per il motorino automatico ma almeno dammene uno in buono stato ! diciamo meno di 50mila chilometri» e mi ha dato un Honda : buon segno) e con questo mezzo abbiamo preso la strada per Ubud. Niente GPS –lo ammetto ci ho provato-  cartina inutile, segnali stradali rari come le mosche bianche, l’unico modo di procedere é chiedendo indicazioni ai balinesi che tanto passano la loro vita sul bordo della strada, il centro commerciale numero uno di Bali. Risultato: due ore per fare cinquanta chilometri ma ci si diverte.

 

Appena lasciataci alle spalle Kuta-bali-on-the-cheap, mani sul manubrio, il contachilometri che segna 40km/h, la strada che fila via tranquilla, mi dicevo « vabbé vediamo che ci offre il resto dell’isola ma che ci puo essere di meglio da fare che passare la giornata su una spiaggia di sabbia bianca, bagnarsi nelle onde dell’Oceano e sorseggiare una Bintag (la birra balinese) al tramonto di fronte al mare?  

 

Due ore dopo eravamo a Ubud, un posto dove i turisti in maggioranza vanno in giro armati della « Guide du Routard » o della « Lonely Planet : Bali e Lombok », e anche se ce ne stanno molti é la calma che regna. E quando ne vedi uno tonico, abbronzato e in canotta ti chiedi « ma questo che ci fa qui ? » In città ci sono solo templi, teatri per la danza, boutiques chic e parecchi café tutti che ti danno voglia di sederti a un tavolino e passarci un paio d’ore.

 

Per non parlare della guesthouse dove siamo finiti per puro caso, come spesso accade da queste parti ; appena arrivati a Ubud col motorino carico di bagagli ci siamo fermati sul bordo di una stradina secondaria per fare il punto della situazione quando un tipetto quarant’anni per quaranta chili per un metro e quaranta ci ha salutato « look room ? come come nice view » lo abbiamo seguito per una stradina stretta tra un muro e un canaletto e ci siamo ritrovati in mezzo ai campi, al secondo piano di un immobile di quattro camere con una vista sulle risaie a togliere il fiato.

 

E cosi appena cinquanta chilometri dopo le spiaggie bianche ci siamo ritrovati a sorseggiare una Bintag seduti sulla terrazza della nostra camera, soli, in pace, con gli ultimi sprazzi di rosso del tramonto che si riflettevano negli specchi d’acque delle risaie.

 

E al’improvviso ci siamo scoperti a avere voglia di questa calma, a apprezzare quest’ambiente che invita alla contemplazione, a finire la serata con un libro in mano, le pagine illuminate dalla luce calda dell’abatjour. 

 

Quest’isola ha davvero molto da offrire. Nei nostri piani avevamo previsto di partire domani da Ubud ma qua scatta la notte supplementare.

a presto,

     Damiano.

(qui sotto il nuovo post di Violette con tutte le foto)

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